In questo articolo vi parleremo di mobilità elettrica e per farlo ci serviremo di due podcast di Radio24 del programma SmartCity, condotto da Maurizio Melis.
La redazione di Tate
14:23
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8 ott 2019
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6 minuti
Sommario
Nel primo podcast l’intervistato è Maurizio Delfanti, amministratore delegato di RSE (Ricerca Sistema Energetico). Nel secondo invece è Simone Franzò, responsabile dell’Osservatorio Smart Mobility, il protagonista della puntata.
A fronte della conferenza nazionale sulla mobilità elettrica E-mob, avvenuta a fine settembre, e del report sulla Smart Mobility, pubblicato dall’Osservatorio della Smart Mobility del Politecnico di Milano, abbiamo trascritto alcuni estratti dei due podcast per provare a capire meglio la mobilità elettrica soffermandoci in particolare sui benefici legati alla transizione energetica e sulla situazione italiana.
Da subito Maurizio Delfanti evidenzia come, dal contesto legato ai benefici della transizione energetica e dai dati emersi, è possibile notare come la politica di incentivazione (l’Ecobonus, introdotto dalla Legge di Bilancio 2019) che ha permesso di diminuire il gap tra il costo d’acquisto per un veicolo tradizionale e quello per un veicolo elettrico ha avuto un notevole impatto.
Quali sono i benefici ambientali delle auto elettriche?
Per calcolare la percentuale di beneficio ambientale gli elementi a cui viene fatto riferimento sono numerosi. In primis, l’abbattimento di emissione di CO2 di un veicolo elettrico durante la sua complessiva vita (LCA — Life Cycle Assessment): dalla fase in cui viene utilizzato e guidato a quella che attiene alla produzione di energia elettrica con cui viene fatto il pieno di kWh della macchina elettrica, ma anche i costi e gli impatti relativi alla costruzione del veicolo.
Delfanti sostiene che “l’insieme di questi fattori tradotti tutti in anidride carbonica equivalente ci porta a dire che c’è una riduzione molto significativa rispetto ai modelli a benzina, per esempio. Siamo tra il 35–40% e se guardiamo i modelli diesel la riduzione è tra il 22–40%, considerando un mix al 70% sulle fonti fossili. Se guardiamo al caso Italia nel 2030 si parla di un mix energetico molto più spostato sulle rinnovabili e quindi queste riduzioni saranno ancora più marcate.”
Ma aldilà della CO2 ci sono ulteriori benefici ambientali legati alle emissioni di inquinanti, quindi dell’inquinamento locale. Anche in questo caso sempre con la stessa mobilità che guarda tutto il ciclo di vita sono state determinate le differenze tra l’impatto di un veicolo tradizionale e quello elettrico. Qui però il concetto è un po’ più ampio e si parla di esternalità nel senso che viene monetizzato il complessivo impatto sia in termini di CO2 che di inquinamento locale. Le esternalità sono calcolate in € per ogni 1000 km di una autovettura e nel ciclo urbano parliamo di 12€ di una vettura full elettrica contro i 25€ di una vettura benzina. In breve, monetizzando gli impatti ambientali si ha un dimezzamento dell’impatto ambientale utilizzando veicoli elettrici.
Oltre i benefici ambientali…
Aldilà però degli effetti che un utilizzo di auto elettriche porta all’ambiente, tale implementazione ha un notevole riscontro anche nel sistema elettrico. Delfanti però rassicura che le quantità che siamo in grado di produrre in termini di energia elettrica in Italia sono in grado di fronteggiare questo nuovo carico. Inoltre è importante considerare che le reti di distribuzione devono essere in grado di sopportare questo nuovo carico. Fortunatamente però “la ricarica può essere modulata e postposta quando si ha a disposizione un tempo adeguato questo garantisce dei vantaggi per il sistema prima ancora che dei problemi.”
Nel secondo podcast invece il tema della mobilità elettrica viene affrontato da un altro punto di vista, ovvero più attento allo sviluppo della mobilità elettrica nel mondo e in Italia.
I dati riscontrati dall’Osservatorio Smart Mobility del Politecnico di Milano sono confortanti e mostrano un’accelerazione del trend.
Franzò afferma che “le ultime statistiche al 2018 portano immatricolazioni di veicoli elettrici pari a 2 milioni, quindi 2.1 milioni di veicoli immatricolati che fanno riferimento a circa il 2% del totale delle immatricolazioni a livello mondiale con un trend atteso positivo per il 2019 dove si prevede di superare i 3 milioni di unità immatricolate in un anno. Rispetto al mix a livello geografico vediamo come la Cina domini indubbiamente questo scenario: 1 milione e 200 mila auto elettriche immatricolate in un solo anno con un tasso di incremento del 78% rispetto all’anno precedente. L’Europa segue con quasi 400 mila unità immatricolate, a seguire gli Stati Uniti e così via.”
L’Italia e la mobilità sostenibile
A fine 2018 registriamo in Italia un numero di autoelettriche immatricolate di poco inferiore alle 10.000 unità abbastanza equamente distribuite fra i cosiddetti BEV (veicoli elettrici puri alimentati a batteria, ovvero senza motore a combustione interna) e i cosiddetti PHEV (veicoli ibridi le cui batterie possono essere ricaricate anche dalla rete. Inoltre questi veicoli hanno due motori: uno elettrico e poi ad esaurimento delle batterie può intervenire il motore a combustione interna). Questo valore corrisponde rispetto al totale di veicoli immatricolati nel 2018 allo 0,5%.
Perché siamo in ritardo in Italia rispetto a questi altri paesi?
A tal proposito, Franzò segnala diversi motivi. Il primo dei quali è dovuto al fatto che è ormai evidente come ci sia un nesso significativo tra il PIL pro capite del paese e la capacità di spesa dell’auto elettrica.
Inoltre c’è da dire che il delta prezzo, ovvero la variazione del prezzo al variare del valore di base, tra un’auto elettrica e una tradizionale a combustione interna oggi ha ancora un peso non trascurabile ed ecco che l’attenzione a politiche dedite all’incentivazione sia all’acquisto che all’utilizzo del veicolo elettrico gioca un ruolo fondamentale. Franzò suggerisce ad esempio che se da un lato bisogno rafforzare gli interventi che incentivino all’acquisto, dall’altro invece esorta ad esempio ad istituire parcheggi gratuiti per i veicoli elettrici, a favorire loro l’accesso alla ztl, a impostare esenzioni sul bollo e così via.
Il futuro dei prossimi anni per i veicoli elettrici
Nello scenario immaginato dalla ricerca dell’Osservatorio crescerà molto il numero d’auto immatricolate non così tanto invece l’infrastruttura di ricarica, perché ci aspettiamo una progressiva divergenza tra il numero delle auto e i punti di ricarica. Tra le barriere principali segnalate da Franzò c’è la cosiddetta range anxiety, ovvero l’ansia della ricarica. Per combatterla anche nel breve periodo è importante combatterla già adesso con un’infrastruttura capillare e addirittura sovradimensionata rispetto alle reali esigenze, solo dopo quando l’auto elettrica sarà una consuetudine allora tali valori potranno distendersi. Oggi abbiamo 1 punto di ricarica ogni 10 auto, ma nel 2030 l’ordine del rapporto secondo le previsioni arriverà anche a 1:100.
Il beneficio reale ambientale che si verifica scegliendo la mobilità elettrica e considerando tutti gli aspetti: dalla costruzione del veicolo all’utilizzo e al consumo di energia elettrica, è principalmente la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Tuttavia Franzò fa notare che vi sono diversi fattori che influenzano il risultato. I due più importanti sono la localizzazione della filiera produttiva, dove le diverse componenti e la vettura sono effettivamente realizzati e il mix energetico, con cui poi è alimentato il veicolo. Ad esempio, una filiera 100% italiana, sia di componenti che del veicolo nel nostro paese, permetterebbe rispetto ad una filiera 100% cinese, di risparmiare circa il 30% delle emissioni per quanto riguarda i veicoli elettrici. Questo perché in Italia abbiamo già un mix energetico soprattutto elettrico già abbastanza ricco, carico di energie rinnovabili.
Fonti di riferimento