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Tutto sulle batterie delle auto elettriche

Le batterie delle vetture elettriche hanno caratteristiche tecniche e proprietà che sono differenti da quelle adottate per i tanti dispositivi di elettronica di consumo presenti nelle nostre case.

Le auto elettriche sono il futuro del settore della mobilità, e tutti sanno che il cuore di queste vetture è la batteria di trazione. In questo grande accumulatore viene immagazzinata l’energia che alimenta il motore elettrico con zero emissioni locali. Pur essendo simili alle normali batterie usate per altri apparecchi, come PC o smartphone, quelle per auto elettriche hanno delle differenze e delle caratteristiche proprie, e possono inoltre distinguersi per aspetti fisici, chimici e di assemblaggio.

La cella, l’elemento base delle batterie

Con il nome generico di batteria si intende l’insieme di singole celle energetiche, ognuna delle quali è in grado di immagazzinare una certa quantità di energia, e collegata con tutte le altre celle fornisce poi la potenza elettrica necessaria a generare il movimento del motore. In base al veicolo in oggetto ed alle caratteristiche tecniche, in una batteria possono esserci da poche decine di celle, fino a migliaia, con diversi gradi di complessità costruttiva.

Le celle non sono tutte uguali, ma sono anzi costruite con forme e materiali diversi. I formati più comuni in ambito automobilistico sono tre. Troviamo le celle a sacchetto, chiamate così poiché il materiale è racchiuso in un involucro solitamente di forma rettangolare, ma morbido al tatto, da qui appunto il nome. Queste si contrappongono alle celle prismatiche, di forma simile, ma con un corpo esterno rigido, che fornisce un aspetto simile a mattoncini. Ci sono poi quelle che nell’immaginario comune somigliano alle “pile” usate in ambito domestico, ovvero le celle cilindriche, che a loro volta possono differenziarsi per diametro e altezza. Ad oggi tutte le tre tipologie vengono utilizzate nelle auto elettriche, in base alle scelte progettuali.

Differenti formati di celle, in ordine: cilindriche, a sacchetto, prismatiche
Differenti formati di celle, in ordine: cilindriche, a sacchetto, prismatiche

Nella maggior parte delle auto in commercio, le celle, qualsiasi sia il formato, vengono raggruppate in moduli, e i moduli a loro volta si sommano a formare quello che viene chiamato pacco batteria. Questa tecnica costruttiva è utilizzata per determinare una organizzazione interna del pacco batteria facilmente riconoscibile, così da semplificare anche eventuali procedure di riparazione. Sarà ad esempio possibile sostituire un singolo modulo con un guasto, piuttosto che andare a disassemblare un’intera batteria.

Più di recente però si è fatta strada anche la tecnica cell-to-pack che, come dice il nome stesso, unisce le celle tra loro formando direttamente il pacco, senza passare dai sottomoduli. Questa tecnica è sfruttata per abbassare il costo della vettura. La mancanza dei moduli, infatti, consente di utilizzare meno materiale, riducendo il costo di produzione, a svantaggio però della praticità di riparazione. Il cell-to-pack è spesso abbinato ad una delle chimiche più utilizzate, poiché consente di avere più energia immagazzinata a parità di spazio occupato. Ciò si rivela molto utile nel caso si scelgano chimiche più economiche e robuste, ma con densità energetica inferiore. Per densità energetica si intende la quantità di energia accumulabile in proporzione al peso o al volume occupato, e varia in base alle diverse chimiche delle celle.

Le celle al litio sono l’anima della batteria per auto elettriche.
Celle all’interno di un modulo, al di sotto circolano i tubi di controllo temperatura
Celle all’interno di un modulo, al di sotto circolano i tubi di controllo temperatura

Chimica delle batterie: litio e metalli rari

Dopo alcuni anni di evoluzione tecnica, le batterie per auto elettriche sono oggi quasi sempre composte da celle al litio. Queste si sono rivelate nel tempo quelle con caratteristiche migliori, considerando tutti i fattori: costo, disponibilità dei materiali, prestazioni e durata nel tempo. All’interno di questa categoria ci sono però delle differenze, nonché continue evoluzioni grazie alla ricerca. Il principio sfruttato è sempre quello che conosciamo dalle comuni batterie: un movimento di ioni di litio tra anodo e catodo, e viceversa, attraverso un elettrolita liquido, che genera un flusso di elettroni, collegato al circuito esterno che si alimenta di corrente continua. Il litio è il più leggero degli elementi solidi, appartiene al gruppo dei metalli alcalini ma, a causa della sua alta reattività, non si trova in natura in forma metallica. Per quanto riguarda il catodo i materiali più usati sono il nichel, il cobalto e il manganese, anche se quest’ultimo di recente è anche sostituito da alluminio. Per questo motivo si legge spesso di celle al litio NCM o NCA, sigle che appunto sono le iniziali degli elementi. Queste sigle possono essere seguite da dei numeri, come 532, 622 o 721: le singole cifre indicano la proporzione degli elementi nel catodo, la cui somma fa sempre 10. All’anodo invece troviamo praticamente sempre carbonio o silicio.

Schema di funzionamento di una cella agli ioni di litio
Schema di funzionamento di una cella agli ioni di litio

Le celle NCM o NCA sono quelle con il miglior compromesso tra prestazioni e durata, ma hanno anche un’importante caratteristica: una elevata densità energetica. Per questi motivi sono le più diffuse, ma di recente è tornata in auge un'altra chimica: la LFP. Questa sigla sta per litio-ferro-fosfato, più vecchia come concezione, ma economica da produrre e molto resistente all’usura. Paga però dazio sul fronte della densità energetica e del peso, motivo per cui questa soluzione è utilizzata per automobili che devono avere un prezzo più basso, e possibilmente batterie con una capacità ridotta. Non si pensi però che le prestazioni possano risentirne, dato che sono utilizzate, ad esempio, per le varianti con batteria più piccola di una casa all’avanguardia come Tesla. Hanno anzi dei punti a favore, come la possibilità di essere ricaricate spesso fino al 100% senza degrado, o un’ottima resistenza alle condizioni climatiche estreme.

Diverse chimiche e formati, con il litio sempre protagonista.

Elettronica e protezione, così le batterie durano a lungo

Fin qui abbiamo visto il cuore della batteria, che poi è composta da altre parti funzionali, che ne ottimizzano l’utilizzo e la durata nel tempo. Si trova sempre un sistema di condizionamento della temperatura della batteria, che serve a mantenere in un range ottimale le celle, che danno il meglio se non troppo fredde o troppo calde. Questo sistema può essere ad aria, o nei casi migliori a liquido, con una fitta rete di tubi che trasporta il liquido tra i moduli e le parti della batteria. Le singole celle sono inoltre costantemente monitorate, e periodicamente “bilanciate”, in modo che tutte le singole unità siano simili tra loro nella carica e nelle prestazioni, cosa che migliora la resa del pacco batteria. Questo controllo, nonché la ricarica, è governato dal Battery Manage System (BMS), il sistema elettronico responsabile di tutti i parametri. Chiude il cerchio la scocca esterna e protettiva, che può essere di diversi materiali, dall’acciaio, al titanio, al carbonio, che serve per proteggere questa parte vitale in caso di urti o incidenti. Le batterie al litio con elettrolita liquido sono infatti soggette a incendi in caso di pesanti deformazioni, e garantirne l’integrità strutturale è quindi fondamentale. Questo è anche uno dei motivi che ha portato allo studio e allo sviluppo delle famose batterie allo stato solido. Queste nuove unità si basano sugli stessi principi, ma l’elettrolita liquida, infiammabile, è sostituito da materiali solidi inerti, e che al tempo stesso preservano la chimica interna dal degrado nel tempo. Per una somma di questi fattori, sono anche batterie che offriranno una densità energetica praticamente doppia, consentendo di raddoppiare l’autonomia per singola carica, senza aumentare di dimensioni.

I segreti di una batteria longeva: protezione e temperature sotto controllo.

Freddo e caldo, perché il clima influisce sulle prestazioni delle batterie?

Chiunque abbia mai usato un’auto elettrica si sarà sicuramente accorto di differenti prestazioni in caso di climi molto rigidi o, all’estremo opposto, molto caldi. In questi casi l’autonomia massima della vettura si riduce, ma per motivi diversi. Nel caso di freddo intenso, il liquido elettrolita sopra descritto diventa più denso, opponendo una maggiore resistenza allo spostamento degli ioni all’interno della singola cella. Questo fa sì che la capacità di immagazzinare energia della batteria sia inferiore. Contrariamente a quanto si pensa invece il riscaldamento della batteria non ha un consumo particolarmente impattante, poiché l’auto sfrutta il calore naturalmente prodotto dall’utilizzo stesso. Succede invece il contrario quando la temperatura ambientale è molto alta, e la batteria rischia di surriscaldarsi. In questo caso l’aria che penetra dalle feritoie frontali può non essere sufficiente, e deve dunque mettersi in moto il sistema interno di raffreddamento, ad aria forzata o a liquido, che ha come conseguenza il consumo di una parte dell’energia immagazzinata. Questa energia non sarà quindi disponibile per la trazione, ed è il motivo della diminuzione dell’autonomia anche con caldo estremo.

Le temperature estreme sono nemiche della batteria, e diminuiscono l’autonomia.

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