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Alcuni spunti di riflessione sul nucleare, in ordine sparso

Un elenco, parziale, di aspetti da prendere in considerazione quando si parla di energia nucleare.

Parlare di energia è complesso, perché gli elementi tecnologici, spesso sufficientemente complicati di per sé, si intrecciano con aspetti economici, politici, sociali, geopolitici e di sicurezza nazionale. Questo è vero in generale, ma per alcune tecnologie vale più che per altre. La natura e gli aspetti del discorso che si sviluppa attorno al nucleare rendono il quadro generale estremamente complesso.

L’energia nucleare compare nel mix energetico dei primi Paesi a adottare la nuova tecnologia a partire dagli anni ’60. Stenta ad affermarsi per qualche anno, salvo poi diffondersi con decisione negli anni ’70 a seguito delle crisi petrolifere. Dopo decenni di servizio e tre gravi incidenti, si è tornati oggi a parlare del ruolo del nucleare in relazione al cambiamento climatico e alle strategie di decarbonizzazione oltre che in risposta alla crisi legata alla guerra in Ucraina.

Senza pretese di esaustività, abbiamo raccolto di seguito alcuni elementi che possono aiutare a farsi un’idea sull’argomento e a capire perché sia così dibattuto.

L’energia elettrica generata dalle centrali nucleari è quella a minori emissioni di CO2

Il nucleare produce elettricità senza emettere anidride carbonica, come solare ed eolico, ed è per questo che si parla di nucleare nelle strategie di decarbonizzazione. Considerando l’intero ciclo vita degli impianti, solare, eolico e nucleare emettono meno di 5 tonnellate di CO2 per GWh di energia prodotta (il valore corrisponde circa al consumo di energia di 150 persone in Europa per un anno). I combustibili fossili emettono tra 490 (gas naturale) e 820 (carbone) tonnellate [1]. Nella prospettiva della lotta al cambiamento climatico, non è giustificabile in alcun modo la scelta di chiudere un impianto nucleare prima di un impianto a carbone.

Il nucleare è sicuro, ma

Il nucleare non è una nuova tecnologia, e per valutarne la sicurezza si possono analizzare i dati esistenti. Lo stesso articolo citato rispetto alle emissioni, riporta il numero di morti per unità di energia prodotta (in questo caso TWh) [1]. Anche qui si parla di differenze di diversi ordini di grandezza tra solare, eolico e nucleare, tutte al di sotto di 0.005 morti per TWh, e le 2.8 o le 24.6 morti per TWh del gas naturale o del carbone. Questi dati sono un punto su cui spesso si fa leva per appellarsi alla razionalità delle persone e contrastare l’immaginario comune che associa al nucleare i (pochi) incidenti avvenuti, e gli utilizzi militari. Vale forse la pena però riconoscere all’immaginario collettivo che si tratta di tipologie di rischio differenti.  Per numeri così differenti abbiamo infatti scenari altrettanto diversi: per una centrale a carbone lo scenario peggiore è che continui ad operare e inquinare per tutto il suo ciclo vita; per una centrale nucleare che si verifichi un incidente, e il peggiore degli incidenti nucleari potrebbe avere conseguenze difficili da quantificare.

Quali sono le fonti energetiche più sane e più pulite
Quali sono le fonti energetiche più sane e più pulite

Il movimento dei Verdi nasce in opposizione al nucleare

In Germania si inizia a parlare di transizione energetica alla fine degli anni ’70, con la nascita e successiva crescita del partito dei Verdi. Il movimento dei Verdi nasce proprio in opposizione al nucleare, e il crescente consenso porta il partito al governo con le elezioni del 1998. È anche in questa fase che le posizioni sul tema si polarizzano e che si creano le premesse dell’impostazione che ancora oggi ritroviamo nel discorso pubblico. Da un accordo tra quel governo e i rappresentanti dell’industria si arriva a fissare la data di chiusura dell’ultimo impianto nucleare in Germania al 2022 (salvo rimandare la data di 14 anni nel 2010 e riportarla al 2022 nel 2011, dopo l’incidente di Fukushima). Rainer Baake, uno degli architetti del primo accordo, in una dichiarazione alla rivista Clean Energy Wire ha detto [2]: “È vero che all'inizio della transizione energetica in Germania abbiamo discusso soprattutto di energia nucleare. Ma parallelamente al phase-out nucleare, nel 2000 abbiamo creato la legge sulle energie rinnovabili (EEG). Con questa legge volevamo evitare che l'abbandono del nucleare portasse a un aumento della produzione di energia fossile e a un aggravio del clima. In realtà, negli ultimi due decenni è stato fatto molto di più. Oggi in Germania le fonti rinnovabili producono molta più elettricità di quanta ne producessero le centrali nucleari nel 2000”. L’Europa in questo senso è debitrice nei confronti della Germania e della sua Energiewende per l’esplosione della diffusione delle rinnovabili a cui stiamo assistendo negli ultimi anni.

Le scorie sono un problema, ma forse non il più urgente

Cosa fare delle scorie? Ad oggi non esiste una soluzione per lo smaltimento: si tratta di metterle da parte e aspettare, migliaia di anni, che non siano più radioattive. Anche in questo caso si potrebbe discutere sul rapporto tra rischio e percezione del rischio nel dibattito pubblico. Rispetto all’idea diffusa che stiamo lasciando alle future generazioni un problema da gestire – le scorie –, viene da chiedersi se non valga la pena rimandare la discussione di qualche centinaio di anni, e cercare prima di arginare la crisi climatica attuale con tutti i mezzi a nostra disposizione.

Abbiamo davvero bisogno del nucleare?

La domanda a questo punto viene spontanea: possiamo fare a meno del nucleare? C’è chi dice sì [3] e chi dice no [4]. Sebbene le posizioni del primo gruppo abbiano guadagnato consensi negli ultimi anni, il secondo rimane il più numeroso, con posizioni condivise da alcuni dei principali organismi internazionali, come l’IEA e l’IPCC.  L’onere di dimostrare la bontà delle proprie ragioni ricade quindi sugli appartenenti al primo gruppo, secondo i cui calcoli non solo è possibile, ma conveniente rinunciare al nucleare. Dibattiti come questo, sebbene legittimi, rischiano di portare a focalizzare il discorso della transizione energetica sullo scontro ‘rinnovabili vs nucleare’, quando rimane invece fondamentale mantenere al centro del discorso la sostituzione dei combustibili fossili con fonti a basse emissioni di CO2 [5,6,7].

Avviare un programma nucleare è un affare di Stato

Scegliere di introdurre il nucleare nel mix energetico di un Paese significa iniziare un programma per l’energia nucleare, seguito nei suoi diversi milestone di sviluppo dall’International Atomic Energy Agency (IAEA), che richiede 10-15 anni di preparazione e circa 100 anni di impegno complessivo. La costruzione degli impianti è un’opera infrastrutturale complessa, che spesso richiede più anni, e spese anche sostanzialmente più ingenti, di quanto preventivato. Oltre alla realizzazione delle infrastrutture necessarie e al coinvolgimento dei diversi portatori di interesse, il programma atomico richiede la costituzione di istituzioni nazionali, la definizione di contesti legali e normativi specifici, lo sviluppo di risorse umane, di strategie finanziare e un programma di gestione delle scorie radioattive [8]. Vista l’urgenza della crisi climatica, una conseguenza diretta di queste considerazioni è che non si possono mettere sullo stesso piano i Paesi che già fanno affidamento sul nucleare, come la Francia, e quelli che dovrebbero intraprendere da zero il processo di sviluppo del settore.

Sicurezza energetica

Uno dei vantaggi del nucleare, e una delle motivazioni che anche storicamente hanno portato alla sua diffusione, è il contributo alla sicurezza energetica dei Paesi che lo adottano. Le centrali nucleari consumano uranio come combustibile. La quantità necessaria è tuttavia molto ridotta e le risorse sono relativamente ben distribuite a livello mondiale: reperire il combustibile necessario alle centrali non pone infatti neanche lontanamente le stesse difficoltà legate al labile equilibrio dei mercati mondiali di combustibili fossili. Inoltre, la diversificazione delle fonti di energia è un principio fondamentale, che ben si applica al contesto europeo di oggi, caratterizzato da una forte dipendenza dalla Russia. Non è un caso che il nucleare sia citato anche nel programma europeo di risposta alla crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, REPowerEU.

Fonti di riferimento

[1] https://ourworldindata.org/safest-sources-of-energy

[2] https://www.cleanenergywire.org/news/qa-why-germany-phasing-out-nuclear-power-and-why-now

[3] Breyer, Christian, et al. "On the History and Future of 100% Renewable Energy Systems Research." IEEE Access 10 (2022): 78176-78218.

[4] https://www.iea.org/reports/nuclear-power-and-secure-energy-transitions

[5] Sovacool, Benjamin K., et al. "Differences in carbon emissions reduction between countries pursuing renewable electricity versus nuclear power." Nature Energy 5.11 (2020): 928-935.

[6] Fell, Harrison, et al. "Nuclear power and renewable energy are both associated with national decarbonization." Nature Energy 7.1 (2022): 25-29.

[7] Sovacool, Benjamin K., et al. "Reply to: Nuclear power and renewable energy are both associated with national decarbonization." Nature Energy 7.1 (2022): 30-31.

[8] https://www.iaea.org/topics/infrastructure-development

Pietro Lubello è laureato in Ingegneria energetica, sta conseguendo il dottorato presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato Visiting Researcher all’Université de Liège, in Belgio. Si occupa dello sviluppo di modelli open-source per il supporto alla definizione di politiche energetiche. Profilo Twitter qui.

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07:56 • 09 ott 2022
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