Alla scoperta delle emissioni nel 2019 di alcuni degli Stati con l'economia più avanzate.
La redazione di Tate
10:45
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2 mar 2020
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4 minuti
Le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono rimaste nel 2019 a 33 gigatonnellate (Gt), dopo i precedenti due anni di aumenti. Questo è il dato che emerge dal report dell’AIE (Agenzia Intergovernativa dell’Energia). Contro ogni pronostico, la notizia è di per sé buona, perché le emissioni di CO2 sono rimaste invariate nonostante l’economia mondiale sia cresciuta del 2,9%.
Questo è dovuto al fatto che è stato registrato un forte calo delle emissioni di CO2 dal settore energetico nelle economie avanzate, ovvero Australia, Canada, Cile, L’Unione Europea, Islanda, Israele, Giappone, Corea, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Svizzera, Turchia e Stati Uniti. Tale andamento è stato rilevato, grazie a tre fattori principali: la crescita delle fonti rinnovabili (con speciale menzione all’eolico e al solare fotovoltaico), il passaggio da carbone a gas naturale e la maggiore produzione di energia nucleare.
Nello specifico le emissioni globali di CO2 derivanti dall’uso del carbone sono diminuite di circa 200 milioni di tonnellate (Mt), rispetto ai livelli del 2018, compensando gli aumenti delle emissioni di petrolio e di gas naturale. Le economie mondiali hanno visto diminuire le loro emissioni di più di 370 Mt, con il settore energetico responsabile di questo calo dell’85%.
Stati Uniti
“Se si guarda ai singoli Paesi, la maggior caduta delle emissioni di CO2 si registra — anche questa una sorpresa — negli Stati Uniti, dove si sono ridotte di 140 milioni di tonnellate, pari al 2,9%. Le emissioni Usa sono scese di un miliardo di tonnellate dal loro «picco» del 2000, un risultato che malgrado l’enfasi trumpiana sull’industria del carbone e l’annunciato ritiro dagli accordi di Parigi si deve alle politiche “green” dei singoli Stati dell’Unione e soprattutto all’avanzata massiccia dello «shale gas», che ha sostituito proprio il carbone (e il gas a parità di energia produce la metà della CO2 del carbone).
Unione Europea
Ottima performance anche dell’Unione europea, dove le emissioni sono scese di 160 milioni di tonnellate, ovvero del 5%: qui per la prima volta il gas naturale ha prodotto più energia elettrica del carbone, a sua volta quasi raggiunto dall’energia eolica. In Giappone il calo è stato del 4% (45 milioni di tonnellate) e si deve principalmente al ritorno in attività di alcune delle sue centrali nucleari, a testimonianza del fatto che anche questa tecnologia non potrà restare fuori dal processo di transizione e di decarbonizzazione.
Cina e India
La nota dolente resta quella delle emissioni nel resto del mondo, salite di 400 milioni di tonnellate, l’80% delle quali soprattutto in Asia (Cina e India), dove la produzione di energia elettrica con il carbone ha continuato a crescere. Che cosa accadrà nel 2020? Ancora presto per dirlo, e l’Iea non fa previsioni. Ma l’anno in corso sarà importante. Per le elezioni presidenziali negli Usa, che determineranno la conferma o meno dell’uscita degli Stati Uniti dagli accordi sul clima del 2015, e anche per l’epidemia cinese del coronavirus. La crescita di Pechino diminuirà e così anche le sue emissioni. Ma l’attenzione sulla questione clima sarà necessariamente inferiore, e l’ansia di recuperare terreno potrebbe confinare in secondo piano il tema del riscaldamento globale.” (Fonte: Il Corriere della Sera)
Quello che ci auguriamo tutti è che il 2019 diventi l’anno della svolta, sperando che quello appena passato sia l’anno che segna un cambio di rotta verso una riduzione sempre più consistente delle emissioni globali.
Fonti di riferimento