Contro falsi miti e studi imprecisi: il reale potenziale delle auto elettriche di ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Pietro Lubello
12:22
•
2 mag 2022
•
5 minuti
Sommario
La critica alle auto elettriche
Recentemente abbiamo parlato della necessità di elettrificare i carichi per ridurre le emissioni di CO2 legate alle nostre attività quotidiane. Rispetto agli scenari di raggiungimento di emissioni zero al 2050, l’adozione diffusa dei veicoli elettrici è uno dei pochi ambiti ad essere in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione. Forse proprio per questo è anche uno degli argomenti ad aver suscitato più dibattiti negli ultimi anni.
La critica principale rivolta alle auto elettriche è che, considerando l’intero ciclo vita dell’auto – produzione, utilizzo e smaltimento – le emissioni totali sono superiori rispetto a quelle generate dai veicoli tradizionali. Si tratta di una considerazione sbagliata: le auto elettriche emettono molta meno CO2 dei veicoli a benzina o diesel nell’arco del loro ciclo di vita.
Capire il perché, e quali sono gli errori più comuni commessi da chi sostiene il contrario, richiede un po’ di pazienza e qualche numero.
Analisi del ciclo vita
Partiamo da una premessa necessaria quando si parla di sostenibilità: bisogna distinguere tra emissioni inquinanti ed emissioni di CO2. Le emissioni inquinanti, come particolato e NOx, sono responsabili dello smog e più in generale della cattiva qualità dell’aria, e sono quelle per cui vengono imposti i blocchi sul traffico. Anche se su varie scale geografiche, gli inquinanti sono un problema locale, che si parli di uno spazio al chiuso non ventilato; una strada; una città o una regione morfologicamente chiusa e con tanti mezzi e attività produttive come la Pianura Padana. L’anidride carbonica, invece, non è un inquinante, è naturalmente presente in atmosfera. Tuttavia, concentrazioni troppo alte – causate dalle attività dell’uomo – sono responsabili del riscaldamento globale. Le emissioni di CO2 sono quindi un problema globale e non importa dove, o quando, avvengono.
È per questo che si parla di analisi di ciclo vita di un prodotto (LCA – Life Cycle Analysis): per combattere il cambiamento climatico non è importante solo ridurre le emissioni di CO2 prodotte dal veicolo durante il suo utilizzo; è importante anche che, una volta smaltito il veicolo, la somma di tutti i kg di CO2 emessi da quando è stato prodotto sia quanto più vicina possibile a zero.
Parlando di veicoli elettrici, la prima, ovvia, osservazione è che non producono emissioni mentre vengono guidati. Questo è vero solo in parte per le emissioni inquinanti, poiché rimangono le emissioni dovute al consumo degli pneumatici e ad altre fonti minori, ma è sicuramente vero per le emissioni di CO2.
È fondamentale però considerare come viene prodotta l’energia elettrica con cui vengono ricaricate le batterie. In questo caso vale quanto visto in generale per l’elettrificazione dei carichi: le emissioni di CO2 per km percorso dipenderanno da quanto verde è la rete a cui i veicoli sono collegati quando devono essere ricaricati.
Il punto sollevato contro le auto elettriche è che, considerando che solo parte dell’energia elettrica oggi prodotta è generata da fonti rinnovabili, il risparmio di CO2 non sia tale da giustificare le maggiori emissioni legate alla produzione e allo smaltimento dell’auto e, in particolare, delle batterie.
Gli errori più comuni nella stima delle emissioni di CO2
Auke Hoekstra è un ricercatore della Technische Universiteit Eindhoven molto attivo su Twitter (qui il suo profilo) e si occupa ormai da anni di debunking di studi, più o meno seri, sul tema (qui il più recente). Hoekstra ha individuato – e pubblicato su un’ottima rivista scientifica [1] – i sei errori più comuni nella valutazione delle emissioni di CO2 dei veicoli elettrici nel corso del loro ciclo vita:
1. Sovrastimare le emissioni per la produzione di batterie
Hoekstra fissa le emissioni intorno a 65 kgCO2 per kWh di capacità, rispetto ai 200 kgCO2 per kWh riportati da alcuni studi che tipicamente considerano produzione di batterie su piccola scala.
2. Sottostimare vita utile delle batterie
Batterie di ultima generazione hanno una vita utile compresa tra i 450 e i 1350 mila chilometri. Considerando una vita utile del veicolo di 300 mila chilometri, come per un’auto diesel media, si ottengono 16 gCO2 per km percorso dovuti alla produzione della batteria, e non tra i 73 e i 98 gCO2/km come ipotizzato da studi che riducono la vita utile a 150 mila km.
3. Non considerare che l’elettricità diventa più verde nel corso del ciclo di vita dell’auto
Come abbiamo spiegato in un articolo precedente, l’elettricità con cui si ricaricano i veicoli elettrici sarà prodotta da fonti rinnovabili in misura sempre maggiore, mentre un veicolo a benzina o gasolio produrrà, circa, sempre le stesse emissioni di CO2 nel corso della vita utile.
4. Utilizzo di test di guida non realistici
In Europa, a gestire i test di certificazione delle emissioni sono le stesse case di produzione. Questo rende i test meno affidabili. In un esempio riportato da Hoekstra, che suggerisce di fare riferimento a test reali su strada o ai test della US Environmental Protection Agency (EPA), le emissioni salgono da 170 a 244 gr/km per un’auto diesel.
5. Non includere le emissioni dovute alla produzione dei combustibili fossili
Le emissioni corrispondenti all’estrazione e alla raffinazione di benzina e gasolio spesso vengono trascurate, sebbene corrispondano ad un aggiuntivo 21-25% rispetto alle emissioni dei cicli guida EPA del punto precedente.
6. Mancanza di visione di insieme del problema
Questa è una constatazione di carattere più generale. Posti gli obiettivi di completa decarbonizzazione dei prossimi decenni, bisogna considerare che un’auto elettrica ricaricata con 100% energia rinnovabile garantisce una riduzione delle emissioni del ciclo vita di dieci volte rispetto ad un’auto a diesel o benzina.
Le conclusioni di Hoekstra sono confermate da altri studi recenti [2,3], che considerano anche diverse regioni in cui vengono prodotte le batterie e in cui circolano le auto. La semplice, ma completa, pagina interattiva di Transport & Environment, la principale associazione non governative per il trasporto sostenibile in Europa, permette di confrontare auto elettriche, a benzina e diesel di diverse taglie e in diversi Paesi europei. Nel migliore dei casi, che corrisponde alla produzione di batterie in Svezia e ad un’auto guidata nello stesso Paese, si ha una riduzione delle emissioni di oltre l’80%.
Nel peggiore dei casi, batteria prodotta in Cina e auto guidata in Polonia (che dipende ancora fortemente dal carbone), l’auto elettrica riduce comunque le emissioni del 22% rispetto ad un’auto diesel e del 28% rispetto ad un’auto a benzina.
Mobilità alternativa
La riduzione di emissioni ottenibile dall’elettrificazione della mobilità privata deve comunque essere considerata nel contesto più ampio della mobilità sostenibile [4,5]. Pensare a città che permettano lo spostamento a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici e favorire la diffusione di veicoli più leggeri ed aerodinamicamente efficienti (in breve, non i SUV [6,7]) sono misure che possono contribuire in modo ancor più deciso all’abbattimento delle emissioni del settore dei trasporti.
Fonti di riferimento
[1] Hoekstra, Auke. "The underestimated potential of battery electric vehicles to reduce emissions." Joule 3.6 (2019): 1412-1414.
[2] Knobloch, Florian, et al. "Net emission reductions from electric cars and heat pumps in 59 world regions over time." Nature sustainability 3.6 (2020): 437-447.
[3] Transport & Environment. "How clean are electric cars?: T&E’s analysis of electric car lifecycle CO2 emissions." (2020).
[4] https://transport.ec.europa.eu/transport-themes/clean-transport-urban-transport_it
[5] https://www.mite.gov.it/pagina/mobilita-sostenibile
[6] https://www.theguardian.com/us-news/2020/sep/01/suv-conquered-america-climate-change-emissions
Pietro Lubello è laureato in Ingegneria energetica, sta conseguendo il dottorato presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato Visiting Researcher all’Université de Liège, in Belgio. Si occupa dello sviluppo di modelli open-source per il supporto alla definizione di politiche energetiche. Profilo Twitter qui.